di Avv. Francesca Virgilio

Il procedimento trae origine dall’esposto inviato dai legali dell’atleta nel quale si contestava l’avvenuto pagamento, da parte del Sodalizio con il quale partecipava nella stagione 2019/2020 al campionato di Serie A femminile, dei compensi dovuti alla stessa e il difetto di sottoscrizione della dichiarazione attestante la corresponsione di quanto pattuito. 

Per tali ragioni, il sodalizio, in persona del Legale Rappresentante pro tempore, viene deferito dinanzi al Tribunale Federale “per aver falsamente confermato, nella Dichiarazione ai sensi del Regolamento Ammissioni Campionati Serie A Femminile, di aver corrisposto alla propria atleta, almeno il 50% di quanto ad ella dovuto in forza del contratto di prestazione sportiva sottoscritto”.

Tuttavia, sulla scorta della documentazione prodotta dagli incolpati in fase istruttoria, l’organo giudicante dispone il non luogo a procedere, dal momento che risultava comprovata l’avvenuta corresponsione all’atleta di quanto dovuto, non solo dai relativi bonifici e assegni esibiti nel procedimento, ma anche dalla dichiarazione attestante tale circostanza, sebbene non sottoscritta direttamente dall’atleta, bensì dal procuratore per conto della stessa.

Il Tribunale, dunque, non condividendo le doglianze dell’esponente e accordando la piena validità al suddetto documento, afferma che “l’esistenza del potere di rappresentanza o della consegna degli importi all’atleta è un fatto che riguarda il rapporto fra procuratore e rappresentato”.

La decisione appare di non poca rilevanza, offrendo numerosi spunti di riflessione in ordine alla qualifica ed al riconoscimento del procuratore quale soggetto attivo operante non solo all’interno dell’ordinamento sportivo, e quindi destinatario delle relative disposizioni, ma anche sottoposto agli obblighi di natura civilistica, in virtù del rapporto di rappresentanza instaurato con il proprio assistito.

Per quanto attiene la prima questione, preme osservare come le federazioni cd. “dilettantistiche” non abbiano ancora adottato una soluzione univoca in ordine alla riconducibilità della figura del procuratore a quella di tesserato, generando un certo disordine sulla soggettività “sportiva” allo stesso riferibile e, dunque, sulla disciplina applicabile.

Se il dilettantismo è sempre stato improntato ad una sostanziale “deregulation”, e, di conseguenza, non sorprende la rimessione della questione alle soluzioni di volta in volta adottate dalle singole Federazioni, in ambito professionistico ci si sarebbe aspettati maggior chiarezza, soprattutto a seguito della nuova disciplina degli agenti sportivi delineata a seguito della Riforma del 2018-2019, approdata nell’emanazione del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, deliberato il 14 maggio 2020.

Ed invece, ancora oggi, la decisione in ordine all’identificazione dello status di procuratore e della sua riconducibilità all’interno di una determinata categoria, è demandata agli enti federali a qualsiasi livello. 

Per quanto attiene la FIPAV, v’è da considerare che dal 2011 ha ritenuto di abrogare la norma statutaria originariamente dedicata al procuratore sportivo, facendo letteralmente “scomparire” tale figura dalla proprie carte federali.

Ebbene, alla luce del su citato quadro normativo deve leggersi la pronuncia del Tribunale Federale in commento, il quale, nonostante un sostanziale silenzio regolamentare, sembrerebbe di fatto conferire rilevanza e dignità autonoma all’attività espletata dal procuratore, dando atto dell’importanza crescente del ruolo assunto dallo stesso e del conseguente potere contrattuale riconosciutogli nelle trattative.

Non è un caso, infatti, che la Lega Volley Serie A Maschile e Femminile, pur in assenza di una formale delega della federazione di riferimento, si siano dotate di un proprio Regolamento Agenti, indicando una disciplina di dettaglio per tutti gli aspetti riguardanti i requisiti, le modalità di accesso e di svolgimento di tale attività.

Pertanto, può affermarsi che la decisione cui è giunto l’organo giudicante offre una chiave interpretativa dell’evoluzione delle nuove dinamiche in essere tra i soggetti operanti all’interno della realtà sportiva, frutto anche di una maggior complessità delle relazioni e degli interessi in gioco (basti pensare ai contratti di sponsorizzazione o gli investimenti finanziari) che necessitano sempre più dell’attività di assistenza e rappresentanza da parte di soggetti qualificati.

Ebbene, se la rilevanza accordata allo status di procuratore non può essere ricondotta ad una categoria giuridica rinveniente dalle figure operanti all’interno dell’ordinamento sportivo, risulta quanto mai necessario “agganciarla” ad un istituto offerto dalla disciplina civilistica.

La rilevanza esterna riconosciuta al documento sottoscritto dal solo procuratore dell’atleta, infatti,  postula l’esistenza di un potere di rappresentanza conferito allo stesso, senza il quale egli non avrebbe potuto agire per conto della sua assistita.

Dunque, fugato ogni dubbio circa il divario sussistente con il mediatore, essendo quest’ultimo un soggetto equidistante dalle parti, non legato alle stesse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, pare opportuno ricostruire la disciplina applicabile al procuratore sulla scorta del contratto di mandato ai sensi degli artt. 1703 e ss., la cui specificità è data dal determinato scopo perseguito, ovvero di curare gli interessi degli atleti o sodalizi e di assisterli durante le trattative. 

L’esistenza del c.d. mandato sportivo allora, la cui legittimità è garantita in quanto espressione dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c., diviene la condicio sine qua non in assenza della quale il procuratore non potrebbe validamente porre in essere l’attività di assistenza e negoziazione per conto dell’atleta.

In particolare, il contenuto e l’ambito di operatività della suddetta tipologia di mandato si esplica nello svolgimento di tutte le attività di rappresentanza, compresa la facoltà di stipulare atti giuridici negoziali, in nome del mandatario/procuratore ma per conto del mandante/atleta.

In altri termini, l’effetto perseguito e realizzato dalle parti è quello di esteriorizzare la volontà dell’atleta tramite il procuratore e di rendere dunque possibile l’imputazione al primo degli effetti del contratto stipulato in nome del secondo, fattispecie che non può che essere ricondotta al contratto di mandato senza rappresentanza.

Tuttavia, mentre la Lega Pallavolo serie A maschile e femminile hanno previsto l’obbligo di deposito della procura presso la propria sede come condizione di validità della stessa, a livello dilettantistico, in assenza di una norma federale in tal senso, la buona fede e il legittimo affidamento divengono gli unici parametri di legittimità nella gestione dei rapporti tra rappresentante e rappresentato. 

Si auspica quindi che, a seguito dell’approvazione dei decreti di riforma dell’ordinamento sportivo, venga operato un riordino della materia relativa ai procuratori, ricompresi tra i c.d. “lavoratori sportivi”, andando inoltre ad allineare la disciplina tra il settore dilettantistico e quello professionistico, in un’ottica di tutela della categoria a qualsiasi livello.

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