Come stabilito dalle Sezioni Unite con le decisioni 10 agosto 2015, n. 35 e 3 settembre 2015, n. 39, in ordine al fatto, in continuità con un indirizzo già tracciato dalla decisione 17 dicembre 2012, n. 27, dell’Alta Corte del CONI, «non possono (…) ritenersi ammessi interventi ad adiuvandum o ad opponendum di soggetti terzi in un giudizio che ha per oggetto una sanzione disciplinare endofederale», tenuto conto che «la struttura bilaterale (duale) del procedimento disciplinare» non consente alcuna ingerenza ab externo attraverso un intervento principale o ad adiuvandum in giudizio».

Né può dirsi che tale legittimazione, pur negata ab imis dalla struttura del giudizio disciplinare, possa germinare per via di fatto, cioè per effetto della circostanza che il Tribunale Federale non abbia estromesso l’interventore dal giudizio di primo grado, esaminandone, invece, e confutandone le argomentazioni. L’irritualità dell’intervento (principale, litisconsortile o ad adiuvandum poco importa) non può infatti beneficiare di alcuna sanatoria fondata sul dato processuale in questione, posto che quest’ultimo rimane inidoneo di per sé a mutare struttura ed effetti del procedimento disciplinare, ovvero a far penetrare nelle pieghe di esso posizioni ed interessi che gli rimangono costituzionalmente ed irrimediabilmente estranei, finendo piuttosto per dar vita a un’aporìa certamente rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.

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Decisioni conformi:

  • Sezioni Unite, Decisione n. 39/2015: «Il procedimento disciplinare ha, per sua intrinseca natura, una struttura strettamente binaria nella quale si contrappongono due sole posizioni: da un lato, quella dell’organo che esercita l’azione disciplinare; dall’altro, quella del soggetto (o dei soggetti) destinatario della pretesa sanzionatoria, legittimato a difendersi ed a resistere all’azione. Tra queste due parti soltanto si svolge il procedimento disciplinare e si apre una dialettica processuale, nella quale nessun altro soggetto è legittimato ad intervenire, né per sostenere le ragioni dell’una o dell’altra parte, né per far valere un proprio autonomo interesse (interesse che, del resto, proprio perché autonomo risulterebbe necessariamente indipendente dal procedimento disciplinare e dunque estraneo ad esso)».
  • Sezioni Unite, Decisione 10/2019: «I procedimenti disciplinari hanno, come è noto, una struttura rigorosamente bilaterale, risolvendosi in un confronto dialettico che vede coinvolti esclusivamente il promotore dell’azione punitiva (la Procura Federale) e l’incolpato destinatario del deferimento», cosicché «in linea di principio non è ammessa l’ingerenza in essi di soggetti terzi, portatori di interessi solo indirettamente riconducibili agli esiti del giudizio disciplinare. (…) Trattasi di principio avente portata generale (del quale sono agevolmente intuibili le ragioni ispiratrici), che può subire deroghe unicamente in presenza di specifiche previsioni normative di segno opposto, insuscettibili di natura estensiva in chiave analogica proprio per il loro carattere derogatorio».

 

Di Alessandro Valerio De Silva Vitolo

Avv. Alessandro Valerio De Silva Vitolo

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