Con la pronuncia in commento, la Commissione Tesseramento Atleti F.I.P.A.V. ha affrontato il delicato ed attualissimo tema delle limitazioni delle attività sportive dovute alla situazione epidemiologica causata dal Covid-19 rapportate alle esigenze di tutela degli atleti, categoria che ha di certo “accusato il colpo” dei provvedimenti statali a scapito della loro formazione e della loro crescita personale.

La vicenda trae origine dal ricorso, presentato da un’atleta nei confronti del sodalizio di appartenenza, con il quale lamentava, tra le altre, il disinteresse mostrato dallo stesso che non avrebbe convocato l’atleta alla ripresa dell’attività sportiva.

Verrebbe in rilievo, secondo la ricostruzione operata dalla ricorrente, l’art. 35 R.A.T. F.I.P.A.V. che dà una nozione di giusta causa per cui il vincolo può essere sciolto “quando l’interruzione definitiva risulti equa dopo avere contemperato l’interesse dell’atleta con quello dell’associato nel quadro delle direttive della FIPAV ai fini dello sviluppo della disciplina sportiva della pallavolo”.

L’interesse dell’atleta allo svolgimento di attività sportiva in relazione alle proprie capacità viene quindi rapportato a quello del sodalizio, il quale invece deve preservare il proprio patrimonio societario consistente proprio nella salvaguardia e nello sviluppo delle potenzialità dei propri tesserati, in relazione anche alle ambizioni e gli obiettivi stagionali prefissati.

Ebbene, nel procedimento di cui trattasi, le doglianze della ricorrente scaturivano dall’esclusione dai progetti interni del sodalizio, indicativa del dedotto disinteresse di cui la mancata convocazione sarebbe stata espressione.

La Commissione, tuttavia, respinge ogni argomento dell’atleta, contestualizzando il dettato normativo nell’ambito della situazione pandemica corrente in un’ottica di favor per le realtà associative.

Inequivocabile è la posizione assunta dalla CTA, la quale afferma che “il mancato svolgimento di attività sportiva dell’atleta non è in alcun modo ascrivibile al sodalizio”, stante la sospensione delle attività giovanili di pertinenza della tesserata e l’indisponibilità delle proprie strutture disposte dai precedenti DPCM.

La valutazione sulla condotta assunta dal sodalizio non può prescindere, infatti, dalla percezione dell’evidente condizione di difficoltà in cui versava e che coinvolgeva ogni soggetto operante nel mondo sportivo.

Dunque, il blocco delle attività determinato a causa dei provvedimenti adottati dalle autorità governative non determina automaticamente il diritto dell’atleta a svincolarsi dal sodalizio di appartenenza.

Peraltro, la possibilità data di svolgere sedute di allenamento presso altra società testimonia proprio la volontà di assecondare le legittime pretese dell’atleta alla prosecuzione della propria attività.

Ciò detto, da quanto affermato dalla CTA si evince che non si può pretendere da parte dei sodalizi un sacrificio economico eccessivo ed una prestazione talmente onerosa da risultare, nella pratica, impossibile.

In altre parole, l’interesse alla valorizzazione ed alla tutela del capitale umano a cui le associazioni e le società operanti nel settore sportivo sono tenute secondo quanto disposto dalle carte federali non può essere perseguito “ad ogni costo” e deve necessariamente soccombere, sulla base di un giudizio di ragionevolezza, dinanzi ad altri e superiori interessi quali la salute o la conformità ai provvedimenti statali.

Tanto premesso, la Commissione ha correttamente rigettato il ricorso formulato dall’atleta, non ravvisando alcun profilo di responsabilità in capo alla società resistente.

La delibera offre l’occasione non solo di riflettere sulla difficoltà in cui si trovano attualmente le associazioni sportive, ma anche sulle gravi conseguenze che si ripercuoteranno sugli atleti.

È vero, infatti, che non può imputarsi alcunché ai sodalizi, che anzi nella maggior parte dei casi, come si evince dalla pronuncia in commento, si sono attivati in tutte le maniera per evitare uno “stop totale”, ma le vere vittime sono proprio gli atleti, la cui attività è stata arrestata spesso negli anni fondamentali di crescita in un ottica di miglioramento e sviluppo delle proprie potenzialità.

Di seguito il link alla decisione https://www.federvolley.it/sites/default/files/comunicati/file/25012021.pdf

a cura di avv. Francesca Virgilio

Di Manuela Magistro

Avvocato del Foro di Bari dal 2005.Of Counsel per il dipartimento di Diritto Sportivo di Lexant.Nata a Bari il 1 ottobre 1979, si laurea nel 2002 in Giurisprudenza, con il massimo dei voti, presso l’Università degli Studi di Bari  con tesi in Diritto della Previdenza sociale dal titolo “La tutela previdenziale degli sportivi professionisti”.Consegue, nel 2003, un diploma di Alta formazione in Cultura e Gestione della Qualità presso l’Università di Bari, mentre presso la Business School de Il Sole 24 Ore si specializza in Marketing Management nel 2004 e in Contrattualistica di Impresa e Diritto Internazionale nel 2016.Nel 2018 si specializza in “Diritto Sportivo e Giustizia Sportiva” presso l’Università Statale di Milano e, nel 2019 e 2020, è tutor esterna per il Workshop in materia disciplinare nello stesso corso di perfezionamento.Da Gennaio 2008 è docente della Scuola regionale dello Sport del Coni Puglia per i moduli di “Legislazione sportiva e Responsabilità sportiva”.Dal 2017 è Cultore della Materia di “Diritto pubblico” presso l’Università di Bari – Corso di Laurea in Scienze delle attività motorie e sportive.Nel 2020 è relatrice al “Corso di formazione per l’accesso all’esame di Agente Sportivo CONI” – sede di Bari – erogato da Olympialex e riconosciuto dal CONI, in ambito di diritto privato e diritto sportivo.Dal 2019 è componente della Commissione Cultura, Spettacolo e Sport dell’Ordine degli Avvocati di Bari.Ricopre il ruolo di Componente della Corte Federale di Appello F.I.B.I.S. e F.I.K.B.M.S. dal 2019.Socio A.I.A.S. – Associazione Italiana Avvocati dello Sport.Socio Panathlon Club di Bari.Direttore sportivo Pol. Amatori Volley Bari. 

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